E poi si è finiti a parlare di Piero.

Io stavo raccontando a un nuovo amico dei miei studi di pianoforte. Quand’ero giovane avevo frequentato il conservatorio e avevo ottenuto il diploma con il massimo dei voti. Tuttavia, non avevo voluto continuare la carriera musicale, semplicemente perchè avevo compreso che non ne ero portato abbastanza da dedicarci la mia vita. E gli raccontavo anche con soddisfazione che grazie ai miei studi, mi diletto ancora con il pianoforte, quando capita, e sono contento, pur non avendo certo la tecnica di quando studiavo tre ore al giorno…

>> Non hai fatto come Piero

Assorbito nel racconto dei miei ricordi, non mi ero accorto che il mio amico voleva dire qualcosa.

>> Scusa? Chi? 

>> Piero. È un personaggio che ho conosciuto tanti anni fa, e ogni tanto lo incontro per strada, scambiamo due parole e via ognuno per la sua strada. Anche lui ha studiato pianoforte.

>> Oh. E lui ha continuato?

>> No, un pò come te, dopo il diploma ha continuato con altri studi e non ha più voluto fare il musicista

>> Ma dai. Siamo in parecchi in questa situazione. È bello che la musica sia una base d’educazione per molti. Anche se è musica vecchia, è sempre un piacere poterla suonare e in genere si tratta di grande musica.

Il mio amico sembrava un pò imbarazzato a parlarne, ma io ero incuriosito

>> Ma quindi in cosa sono diverso da Piero?

>> Piero continua a suonare i suoi pezzi

Una fitta di gelosia mi attraversò di colpo. Riuscii soltanto a dire:

>> Eh, beato lui…

Mentre il mio cuore cominciava ad ardere al pensiero delle persone più tenaci, o in altre parole, più brave, di me, il mio amico mi guardò e ripetè, quasi ad annunciare una notizia importante:

>> Piero ripete il suo concerto, ogni mattino, tutti i giorni, da sempre

Lasciai la frase manifestarsi e rivelare tutto il suo significato.

Dopo un minuto, presi un sospiro e dissi 

>> Cioè… ogni giorno, lui ripete i pezzi del suo diploma

Non era proprio una domanda e il mio amico si limitò ad annuire senza dare proprio una risposta.

Le vampate di gelosia che mi avevano scaldato discretamente si stavano spegnendo e lasciavano spazio ad una cauta curiosità. 

Solo per rompere l’imbarazzante silenzio, dissi:

>> Beh… sembra una buona idea…

Il giorno in cui ho suonato il mio concerto finale, mischiata alla soddisfazione per l’evento, avevo una certezza: da allora in poi la mia tecnica pianistica sarebbe diminuita. Ero all’apice, ne ero contento, ma accettavo di buon grado la previsione. Sentivo quasi l’ebbrezza di sapere leggere nel futuro. Certo, molte voci, dentro e fuori di me, dicevano che era un peccato, azzardando addirittura che sarebbe stato bello mantenere l’esercizio, anche solo per non buttare tutto lo sforzo speso per arrivare fino a lì.

Di colpo, chiesi:

>> Ma da quanto tempo?

>> Son 32 anni ormai. Piero si è diplomato a 15 anni, era un ragazzo prodigio.

Era una enormità.

>> Sempre gli stessi pezzi? Cioè, lui, il giorno dopo il concerto del diploma, si è svegliato e si è rimesso a suonare lo stesso programma? 

>> Così mi ha detto

>> E il giorno dopo ancora, e poi ancora?

>> Si si…

>> Ma… ma non ha senso! Cioè si, magari… mantenere la bravura… ma perchè non imparare altre cose? PERCHÈ NON FARE IL MUSICISTA ALLORA?

Stavo quasi urlando in faccia al mio amico. La cauta curiosità aveva lasciato spazio a sincera rabbia.

Il mio amico rispose in fretta, quasi si stesse scusando lui stesso, la mia reazione lo aveva intimidito:

>> Perchè non sentiva di voler fare quella carriera. E voleva limitare lo sforzo. Aveva studiato ore e ore per quel diploma, non voleva ripetere la stessa fatica, e non voleva perderne il frutto. Quindi si è detto, “mezz’ora al giorno, non di più, per il resto della mia vita” è un piccolo prezzo per non perdere questo traguardo. Sarà il mio hobby originale.

>> Ma… È UNA STRONZATA, VA BENE? UNO NON PUÒ SUONARE GLI STESSI PEZZI OGNI GIORNO PER 32 ANNI DELLA SUA VITA! A COSA STRA CAZZO GLI SERVE???

Il mio amico aveva l’aria sempre più imbarazzata, allora ho cercato di calmarmi un pò.

>> Scusami, ma lo immagini anche tu, uno ne ha piene le scatole di quella roba, anche per qualche mese…

>> Oh certo, questo me l’aveva detto anche Piero. Qualche giorno si sente più ispirato di altri. Magari per mesi continua la pratica meccanica e poi un evento nella vita lo fa svegliare e rileggere i pezzi in una maniera nuova. Mi diceva che a volte aveva raggiunto livelli anche più profondi del diploma. Ma la maggior parte del tempo era routine. 

Non sapevo più cosa pensare. Il mio amico continuò:

>> Va beh, sarà la sua pratica di meditazione, anche quella c’è gente che la fa tutti i giorni da trent’anni. Non è che è sempre una cosa nuova.

L’osservazione mi era piaciuta. Dava un minimo di accettabilità a questa follia inaudita.

Come prendere un pezzo di sé, un pezzo della propria giovinezza, e conservarlo per il resto della vita, intatto. Nel caso un giorno ci si voglia fare qualcosa. Certo se lui oggi dovesse cambiare idea, iscriversi a un istituto di musica superiore, lui è pronto. Come se si fosse messo in una cella frigorifera per gli ultimi 32 anni, pronto a saltarne fuori, come fosse passata appena una notte.

Nel mio caso, l’idea più vicina a questa follia che avevo avuto, era stata di ricomprare i due libri del Clavicembalo ben temperato di Bach per averli puri, senza le annotazioni puerili dell’allievo o dell’insegnante, nuovi e miei, come un libro sacro, per ricominciare da capo e studiarli senza influenze esterne. In realtà non sono mai riuscito a completarne lo studio, in seguito ho studiato altri pezzi, ho anche ripreso lezione, ho fatto musica da camera, ho lasciato perdere, ho improvvisato, ho fatto sport e coltivato altre passioni.

Piero non si è lasciato andare a divagazioni invece. Me lo immagino inchinarsi metodico ogni mattina davanti alla tastiera e ricominciare il suo quotidiano rituale di conservazione. A cosa penserà? Quante volte si sarà detto basta? O qualcuno glielo avrà detto? Rivivrà sempre le stesse emozioni del giorno dell’esame e della sua preparazione? Oppure, questo concerto è cresciuto con Piero, ha assorbito della vita di Piero e il concerto di oggi non ha altro che una vaga somiglianza con quello di allora. E questo rituale non sarebbe poi tanto diverso da un qualsiasi altro punto di riferimento vitale, come un diario o una religione.

Di certo comunque, Piero, la sua tecnica pianistica del giorno dell’esame, quella, l’ha mantenuta.